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ROMA, 6 maggio 2002
CANCELLATA LA PENA DI MORTE DALLA COSTITUZIONE ITALIANA
Proposte di legge costituzionale: Modifica articolo 27 della Costituzione
(A.C. 1436-2072-2110-2351-2373)
(Discussione del testo unificato)
Intervento di Marco Boato in discussione sulle linee generali
Resoconto stenografico dell'Assemblea seduta n. 138 di lunedì 6 maggio 2002

MARCO BOATO, Relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, signor presidente della I Commissione (Affari costituzionali) onorevoli colleghi, credo sia importante che la Camera dei deputati (mi auguro lo potrà fare rapidamente anche il Senato della Repubblica) affronti proprio oggi (non solo come giornata, ma come periodo storico) la questione della completa e definitiva soppressione delle ipotesi di applicazione della pena di morte previste nella nostra Carta costituzionale, sia pure soltanto con riferimento ad eventuali casi di guerra.

È importante che si renda questa affermazione del diritto assoluto alla vita in un contesto internazionale drammatico, in cui molti paesi del mondo (per l'esattezza 86) applicano la pena di morte con procedure giudiziarie più o meno approssimative, a seconda dei casi, e in cui la morte viene data nei diversi angoli del mondo. Tutte le sere i cittadini italiani e del mondo assistono in televisione ad episodi terribili e drammatici di esecuzioni sommarie, senza processi.

Purtroppo, lo voglio dire perché sarebbe ipocrita non ricordarlo, anche in Europa da poco più di un paio d'ore vi è stato, nella civilissima Olanda, un omicidio politico: è stato assassinato un esponente politico che più lontano dalle mie idee, credo, non si potrebbe immaginare. Mi riferisco al rappresentante dell'estrema destra xenofoba olandese Pim Fortuyn. Era un uomo lontanissimo dalle mie idee politiche, religiose, culturali ed etiche ma, a maggior ragione, vorrei aprire questa breve relazione esprimendo il mio sdegno, la mia condanna e la mia amarezza per il fatto che la lotta politica anche in Europa, sia pure in una fase così acuta e drammatica possa vedere, a pochissimi giorni dalle elezioni olandesi che si dovrebbero tenere il 15 maggio (credo si parli di un rinvio di tali elezioni) l'assassinio di quest'uomo.

Ho voluto ricordare questo contesto di morte che quotidianamente i nostri cittadini ed i cittadini di tutto il mondo vivono direttamente o a questo scenario assistono per dare più significato all'affermazione di civiltà giuridica, se vogliamo anche etica, che il nostro Parlamento si appresta nell'arco di alcuni mesi, dato che vi sono le procedure aggravate dell'articolo 138 della Costituzione, a dare con la modifica dell'articolo 27 della Costituzione.

Vorrei leggere tale articolo. Salterò i primi due commi, importantissimi dal punto di vista dello Stato di diritto, ma vorrei ricordare gli aspetti che ci interessano in questo momento. Il terzo comma dell'articolo 27 della nostra Costituzione recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Il quarto comma afferma: «Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra». Le proposte di legge costituzionale, tutte identiche, che ci accingiamo a discutere propongono al Parlamento di modificare l'ultimo comma dell'articolo 27 della Costituzione rendendolo totalmente e pienamente coerente con il terzo comma dello stesso articolo e con l'articolo 2 della nostra Costituzione che inizia affermando:

«La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo». Il diritto alla vita, anche alla vita di colui che commette gravissimi reati, quelli per i quali in tempo di guerra possa essere ipotizzata la pena di morte, è garantito dalla nostra Costituzione con riferimento ai diritti inviolabili dell'uomo.

Le proposte di legge al nostro esame sono cinque. La prima l'ho presentata il 27 luglio 2001 insieme ai colleghi Craxi, Intini, Pecoraro Scanio, Rizzo, Amici, Bressa, Brugger e si è aggiunto anche il collega Ramponi (ciò mi ha fatto molto piacere). Ve ne è, poi, una che ha come primo firmatario il collega Piscitello ma è firmata da decine e decine di parlamentari di tutti i gruppi politici della Camera dei deputati, presentata il 7 dicembre 2001. Vi sono, poi, la proposta di legge del collega Pisapia presentata il 17 dicembre 2001 e quella presentata il 14 febbraio 2002 dai colleghi Zanettin, Palma, D'Alia, Biondi, Schmidt, Sterpa, Cicchitto, Pecorella, Ferro, Mazzoni, Fragalà, Ghedini e Fratta Pasini. Li ho citati tutti per far capire che anche in questo caso tutte le varie anime della Casa delle libertà si sono associate in questa proposta di legge. Da ultimo, dopo il collega Pisapia che già singolarmente lo aveva fatto, l'intero gruppo di Rifondazione comunista il 20 febbraio ha presentato un'identica proposta di legge.

Le ho volute citare tutte e non ho citato tutti i nomi della seconda perché andrebbe via tutto il tempo per farlo ma, ripeto, è bello ricordare che in ordine alfabetico ci sono parlamentari di tutti i gruppi politici. Oggi, tutta questa convergenza pressoché unanime - può darsi che, poi, nel corso delle votazioni vi sia qualche individuale distinzione che andrà rispettata ma ci fu anche nella scorsa legislatura, di pochissime unità -, anzi unanime, di tutte le forze politiche e potrà non esserlo di tutti i singoli deputati, sulla definitiva e totale soppressione di qualunque ipotesi di pena di morte, anche in caso di guerra, nella nostra Costituzione, costituisce un fatto positivo che possiamo registrare con grande soddisfazione.

Forse, un paio di decenni fa questa convergenza così unanime non si sarebbe verificata, anzi sicuramente non c'era perché ricordiamo tutti le campagne a favore della reintroduzione della pena di morte anche in ipotesi non di guerra e ricordiamo quanto, a volte, su un tema come questo all'epoca le forze politiche si dividessero e anche quanto l'opinione pubblica si sia divisa, molto meno oggi e, appunto, molto di più un paio di decenni fa. Credo sia giusto ricordarlo in questa relazione orale e, per quanto riguarda tutti i riferimenti più dettagliati e puntuali relativi all'attività dei vari organismi europei ed internazionali (l'Unione europea, il Parlamento europeo, il Consiglio d'Europa, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, le Nazioni unite, la Commissione europea e via dicendo), rinvio alla dettagliata relazione scritta che ho steso con l'aiuto e con il sussidio dell'ottimo servizio studi della Camera dei deputati, a cui rinnovo il ringraziamento anche in questa circostanza.

Invece, adesso mi limito a fare alcuni riferimenti e credo che il più importante sia, da una parte, all'insegnamento storico, valido per l'Italia e per il mondo intero, che diede un giovanissimo giurista di nome Cesare Beccaria alla fine del 1700 contro la pena di morte, insegnamento che fu recepito nel primo codice penale italiano, il codice Zanardelli, fin dal 1889: l'Italia è stato uno dei primi paesi al mondo ad escludere nel proprio codice penale la pena di morte già nel 1889.

Sappiamo tutti che durante il regime fascista la pena di morte fu reintrodotta già negli anni venti e, poi, fu letteralmente codificata nel codice penale del 1930. Sappiamo che è stata soppressa ancora durante la seconda guerra mondiale, dopo la caduta del fascismo, con il decreto legislativo luogotenenziale n. 244 del 10 agosto 1944, che fu - purtroppo, ma era il clima di allora - temporaneamente ripristinata subito dopo la fine della guerra di fronte ad una situazione di emergenza con il decreto legislativo luogotenenziale n. 234 del 10 maggio 1945. In seguito, fu definitivamente abolita, almeno in tempo di pace, con l'articolo 27 della Costituzione, a cui mi sono poco fa richiamato, e immediatamente dopo l'entrata in vigore della Costituzione, cioè il primo gennaio del 1948, venne emanato il decreto legislativo n. 21 del 22 gennaio del 1948, il cui titolo recitava «Disposizioni di coordinamento in conseguenza dell'abolizione della pena di morte».

Da allora, dal 1948, bisogna arrivare al 1994, nella XII legislatura, dopo reiterati tentativi iniziali nella X e nell'XI, perché il Parlamento italiano - anche in quel caso fu un segno dei tempi, in un'epoca di acuti contrasti politici ma con un'amplissima convergenza - arrivasse ad abolire con la legge ordinaria n. 589 del 13 ottobre 1994 qualunque ipotesi di pena di morte nel codice penale e militare di guerra e in qualunque altra legge militare di guerra.

Questa formulazione fu così estesa ed anche, in parte, così generica proprio per evitare che ci fosse qualunque rischio di lasciare, anche per inavvertenza, sussistere in qualche forma la pena di morte nel nostro ordinamento.

La brevissima legge, approvata in modo quasi unanime dal Parlamento nel 1994, al primo comma, recita: «Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle leggi militari di guerra la pena di morte è abolita ed è sostituita dalla pena massima prevista dal codice penale» e, al secondo comma, prevede: «Sono abrogati l'articolo 241 del codice penale militare di guerra e tutte le disposizioni dello stesso codice e delle leggi militari di guerra che fanno riferimento alla pena di morte.». Vi era una clausola estensiva e «onnipervadente», per quanto riguarda la legislazione militare di guerra, volta ad evitare anche il minimo rischio che, nel nostro paese, potesse rimanere traccia della pena di morte anche nell'ipotesi di guerra.

Teniamo presente che vi è una precisa spiegazione sul perché, nel 1994 - e comunque agli inizi degli anni '90 -, si ripropose questo problema. Infatti, l'Italia, a partire dalla cosiddetta guerra del Golfo - quindi dalla partecipazione dell'Italia ad operazioni militari di carattere internazionale -, poteva trovarsi di fronte alla possibilità - magari astratta, anche se non del tutto - che si applicasse il codice penale militare di guerra non per uno stato di guerra nel senso tradizionale dell'espressione, ma per la partecipazione ad operazioni di polizia internazionale che poi, di fatto, si tramutano in fatti di guerra.

Fu dunque necessaria nel 1991 l'adozione, da parte del Governo di allora, di un decreto-legge, per escludere l'applicabilità del codice penale militare di guerra a quella operazione internazionale cui l'Italia partecipò, altrimenti tale applicazione sarebbe stata automatica. Tra l'altro, oggi, con riferimento all'Afghanistan, è stata approvata - per la prima volta nella storia di questo dopoguerra - l'applicazione del codice penale militare di guerra che, oggi, non prevede più la pena di morte.

Ciò per far comprendere il perché di una così forte urgenza, cresciuta nel Parlamento - prima nella X, poi nell'XI e che ha trovato completamento nella XII legislatura -, per giungere, a livello di legge ordinaria, ad abrogare qualunque pur astratta ipotesi di pena di morte, anche in caso di guerra, nel nostro paese.

In tal modo l'Italia ha cominciato ad essere inserita, per la prima volta, in quelle liste che, ad esempio, Amnesty International compila sul piano internazionale relativamente a quei paesi che hanno abolito la pena di morte con riferimento a tutti i crimini. Tuttavia, il nostro paese ancora oggi non è inserito nella lista dei paesi totalmente abolizionisti in quanto, in astratto, una legge ordinaria, con una maggioranza semplice del Parlamento, potrebbe reintrodurre la pena di morte all'interno del codice penale militare di guerra o di altre leggi militare di guerra. Infatti, in astratto, il quarto comma, dell'articolo 27 della Costituzione, lo consentirebbe.

È per questo che, già nella scorsa legislatura - anche in connessione a forti campagne internazionali contro la pena di morte che si stavano sviluppando -, vennero presentate varie proposte di legge per arrivare a modificare, non più le leggi ordinarie militari di guerra, ma il quarto comma dell'articolo 27 della Costituzione, facendo in modo sostanzialmente che tale articolo - come è nostra intenzione realizzare attraverso questo provvedimento - reciti esclusivamente: «Non è ammessa la pena di morte.», senza l'aggiunta o l'eccezione «, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra».

Ciò è avvenuto anche in sintonia con campagne internazionali contro la pena di morte - ho citato Amnesty International e, per quanto riguarda l'Italia, si può citare l'associazione, di matrice radicale, «Nessuno tocchi Caino» -, ma anche con una grandissima e rapida maturazione che vi è stata a livello di Unione europea, di Parlamento europeo, di Consiglio d'Europa e anche a livello di ONU, sia pure in modo più attenuato, prima a livello internazionale per la moratoria, in materia di pena di morte, per i paesi che non l'avessero ancora abrogata e, poi, per la definitiva abolizione a livello europeo e internazionale.

Nella scorsa legislatura, il testo unificato di quelle proposte di legge costituzionali venne approvato alla Camera - prima in I Commissione e poi in aula - in modo pressoché unanime, ma si arenò purtroppo al Senato che, comunque, disponeva di un comitato parlamentare contro la pena di morte, che operava molto bene attraverso grandi e forti iniziative anche a livello internazionale.

Cito, uno per tutti, il ruolo svolto dalla senatrice Ersilia Salvato che fu la promotrice della legge ordinaria per l'abolizione della pena di morte dal codice penale militare e dalle altre leggi militari di guerra. Ripeto che, nel frattempo, nel corso di questi anni, ci sono stati importantissimi documenti a livello europeo, da parte dell'Unione europea, del Parlamento europeo e del Consiglio d'Europa; si è verificato un altro fatto che, secondo me, ha dato un'impronta fondamentale: proprio qui a Roma, presso la sede della FAO, la Conferenza dell'ONU ha approvato lo statuto del tribunale penale internazionale per i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità, il genocidio. Si tratta, quindi, dei reati più spaventosi che possiamo immaginare; tuttavia, grazie alla campagna svolta dall'associazione «Non c'è pace senza giustizia» e, anche, attraverso la condivisione di tutte le forze politiche italiane e di molte forze istituzionali a livello internazionale, in quello statuto, che pure istituisce un tribunale entrato in vigore da poche settimane e dedicato ai reati più gravi che si possano immaginare, è esclusa esplicitamente la possibilità di comminare la pena di morte.

Credo che, dal punto di vista della civiltà giuridica, i passi in avanti siano stati giganteschi, se pensiamo soltanto al fatto che, ancora vent'anni fa, la pena di morte c'era in Inghilterra, c'era in Francia, c'era in altri paesi europei che via via l'hanno soppressa ed abrogata nei testi costituzionali e nella legislazione ordinaria. Ho detto che rinvio alla relazione scritta, anche perché ho pochi minuti ancora a disposizione, per quanto riguarda la dettagliata ricostruzione delle iniziative che ci sono state sul piano europeo e sul piano internazionale in questi ultimi anni e in questi ultimi decenni. Cito esplicitamente un'unica iniziativa perché essa ha una connessione diretta con ciò che ci accingiamo a fare nel nostro Parlamento: il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, dopo ampie consultazioni e dopo aver sentito anche l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, che è sempre stata attivissima in questa direzione, ha adottato il 21 febbraio di quest'anno - pochi mesi fa - il testo definitivo del protocollo n. 13 che andrà ad aggiungersi alla Convenzione europea di tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. C'era già stato un protocollo precedente, il n. 6, che, però, prevedeva alcune eccezioni; il protocollo n. 13 si propone, invece, l'abolizione totale e indiscriminata della pena di morte, escludendo in via di principio anche tutti quei casi per cui tale pena poteva essere ancora prevista e che sono contemplati nel già citato protocollo n. 6 alla Convenzione che fu, comunque, un grosso passo avanti. In particolare, il protocollo n. 13, ormai adottato, prevede, fra l'altro, che la pena di morte è abolita; che nessuno può esservi condannato né possono essere eseguite esecuzioni capitali; che non sono autorizzate deroghe a titolo dell'articolo 15 della Convenzione che le prevedeva in caso di guerra o di pericolo per la vita pubblica; non sono neppure ammesse riserve, a titolo dell'articolo 57 della stessa Convenzione che prevede tale possibilità. Oggi, se non sbaglio, è il 6 maggio: dunque, da tre giorni è aperta la firma per il protocollo n. 13. Dopo la firma ci saranno....

PRESIDENTE. Onorevole Boato, sta andando verso la scadenza del tempo a sua disposizione.

MARCO BOATO. Grazie, signor Presidente. Dicevo che, dopo la firma, ci saranno gli strumenti di ratifica. Per ratificare un protocollo così radicale, nel senso abolizionista della pena di morte, l'Italia dovrà escludere anche dalla propria Carta costituzionale qualunque riferimento, pur se astratto: non c'è più alcun riferimento, nella legislazione ordinaria, alla pena di morte.

Signor Presidente, vorrei concludere ricordando un atto, nel quale è stato rappresentato degnamente il ruolo del nostro Parlamento neoeletto dopo il 13 maggio: pochissimi giorni dopo il suo insediamento in questa legislatura, verificatosi - se non ricordo male - il 30 maggio, si è tenuta a Strasburgo una riunione del Presidente del Parlamento europeo e dei Presidenti dei Parlamenti dell'Unione europea, cui ha partecipato il neoeletto Presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. In quella riunione, tenutasi il 22 giugno 2001, il Presidente Casini e gli altri Presidenti hanno sottoscritto un fortissimo e solenne appello ai Parlamenti perché quelli che non hanno ancora abolito la pena di morte decidano, comunque, una moratoria, in prima battuta, per arrivare all'abrogazione definitiva e totale della pena di morte negli 86 paesi nei quali è ancora praticata, fra cui la Cina, Cuba, l'India, il Giappone, il Pakistan, l'Arabia saudita e gli Stati Uniti d'America.

Non credo che gli Stati Uniti d'America si trovino in buona compagnia, ma ci sono. Di solito si citano per primi gli Stati Uniti d'America; li ho citati per ultimi in questo elenco di grandi paesi, ma ce ne sono 86 e nel dossier del servizio studi c'è l'elenco completo in un documento di Amnesty International. Ebbene, l'appello solenne dei Presidenti delle Assemblee parlamentari, fra cui il nostro Presidente che rappresentava anche il Presidente del Senato, invita tutti i parlamenti a procedere nel senso della abolizione totale.

Abolendo definitivamente e totalmente l'ultimo riferimento alla possibilità di pena di morte nella nostra Costituzione, l'Italia si ricongiunge idealmente sul piano della civiltà del diritto alla lezione di Cesare Beccaria e alla propria migliore tradizione giuridica, ma anche culturale ed etica in riferimento ai diritti umani e al diritto alla vita. Ma in questo modo l'Italia si porrà sia nella condizione di aderire pienamente al nuovo protocollo n. 13 allegato alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, sia nelle condizioni di avere ancora più credibilità sul piano europeo, nel Consiglio d'Europa e nell'ONU, per proseguire e rafforzare la battaglia sul piano internazionale per la moratoria prima e l'abolizione definitiva quindi della pena di morte in tutti gli ordinamenti giuridici.

DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE (A.C. 1436)

Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 153 di martedì 4 giugno 2002

MARCO BOATO, Relatore. Signor Presidente, per quanto concerne il merito rinvio alla relazione scritta e a quella orale svolta nella seduta del 6 maggio, ma mi preme evidenziare che, raramente - eccezion fatta per il collega Cirielli, la cui posizione comunque rispetto -, un relatore può affermare di aver condiviso, dalla prima all'ultima parola, tutti gli interventi svolti in aula. Mi riferisco a quelli dei colleghi Bressa, Mazzoni, Zanettin, Acquarone, Pisapia, Trantino, Fontanini, Montecchi, Spini, Villetti, Cossutta e, da ultimo, del presidente Bruno.

Ritengo sia giusto ringraziare anche il Presidente Casini, che ha condiviso questa spinta ad esaminare rapidamente in aula la modifica che estromette definitivamente la pena di morte dalla nostra Costituzione, modificando il quarto comma dell'articolo 27.

Vorrei anche ricordare - ne ho parlato nella relazione scritta e lo ha fatto la collega Mazzoni - che è aperto alla firma il protocollo n. 13 allegato alla Convenzione per la tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali con il quale, anche a livello di Consiglio d'Europa, viene definitivamente abolita la pena di morte, senza possibilità di eccezione alcuna. Dunque, questa modifica all'articolo 27 della Costituzione diventa la precondizione affinché l'Italia possa pienamente aderire anche a questo protocollo aggiuntivo.

Signor Presidente, concludo non solo ringraziando tutti i colleghi ed esprimendo rispetto per il collega che ha manifestato una posizione diversa - che, ovviamente, non posso condividere -, ma anche tutte le associazioni internazionali che - in questi anni, in questi decenni e ancora in questi giorni - si sono battute contro la pena di morte. Ne voglio citare due in particolare: Amnesty International, già ricordata dal collega Pisapia e l'associazione radicale Nessuno tocchi Caino. Si tratta di due associazioni che hanno svolto un ruolo fondamentale anche per contribuire al risultato storico al quale si accinge il nostro Parlamento con l'approvazione del presente provvedimento.

 

  Marco Boato

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